Nuove speranze per la cura dell’osteoporosi da uno studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori pubblicato su Cell Reports
Si chiama ECM3 il profilo di espressione genica arricchito in proteine della matrice extracellulare, con il quale è possibile identificare i tumori al seno più aggressivi.
I meccanismi biologici alla base dell’aggressività segnalata da tale profilo non erano noti e sono stati scoperti tramite uno studio con modelli murini. Alla ricerca hanno partecipato ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori, guidati dalla dottoressa Sabina Sangaletti dell’Unità di Immunologia Molecolare diretta dal dottor Mario Colombo, insieme ai componenti dell’Unità Operativa diretta dalla dottoressa Elda Tagliabue e con la collaborazione del professor Claudio Tripodo dell’Università di Palermo. I risultati, ottenuti con il sostegno dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), sono stati pubblicati sulla rivista Cell Reports.
I ricercatori hanno dimostrato l’efficacia degli aminobifosfonati, farmaci già utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi, in combinazione alla chemioterapia tradizionale, nell’interrompere l’effetto nocivo della matrice extracellulare sul sistema immunitario. Questi farmaci agiscono sulle cellule mieloidi e le riattivano indirizzandole a una funzione anti-tumorale. “Il tumore non è formato solo da cellule impazzite ma anche da cellule appartenenti al sistema immunitario, tra cui le cellule mieloidi, e da matrice extracellulare (ECM): nell’insieme contribuiscono a determinare le differenze biologiche e cliniche del cancro al seno – spiega la dottoressa Sabina Sangaletti -. Per questo la maggior presenza di proteine della matrice in combinazione con le cellule mieloidi da oggi può essere associata a un diverso gruppo prognostico che evidenzia la gravità del tumore del seno.
All’Istituto Nazionale Tumori è stata dimostrata l’esistenza di un profilo di espressione genica detto ECM3, che caratterizza il 35% dei tumori al seno ed è associato a prognosi sfavorevole nei tumori di alto grado perché indicativo di una maggiore aggressività e minore risposta alla chemioterapia”. Lo studio indica che le cellule mieloidi possono essere un bersaglio aggiuntivo per questi tumori. Infatti i ricercatori hanno dimostrato l’efficacia di farmaci già utilizzati per l’osteoporosi, gli aminobifosfonati, nel bloccare le cellule mieloidi nella loro funzione di supporto alla crescita del tumore e di conseguenza nel favorire la risposta alla chemioterapia. “Questa ricerca potrà dar vita a uno studio clinico in cui pazienti con tumori ad alto grado con caratteristiche ECM3 saranno trattati con farmaci capaci di modulare la funzione delle cellule mieloidi in associazione alla chemioterapia”, conclude la dottoressa Sangaletti.